Quarto pezzo

Voltò lo sguardo prima a destra e poi a sinistra. La strada era deserta. Di fronte a lui la facciata dell’edificio che ospitava il Blue Bell Hotel, il cui nome sull’insegna luminosa era parzialmente corrotto da alcune lampadine bruciate e mai sostituite: evidentemente anche questo posto aveva visto tempi migliori. Oggi probabilmente non era altro che un luogo frequentato da prostitute e dai loro clienti. E da gente come lui, che gradiva riservatezza e anonimato più di ogni altra cosa. Meglio così. Era proprio quello che cercava. Chi gli aveva prenotato la camera sapeva perfettamente quello di cui aveva bisogno. Attraversò lesto la strada e spinse la porta a vetri che cedette con un leggero cigolio. La hall sembrava deserta. Con la sola eccezione di una piccola luce oltre una porta socchiusa, dietro il bancone della reception, tutto era avvolto nelle tenebre.
Dovrebbero ambientarci una storia di fantasmi in questo posto, pensò incamminandosi in silenzio verso l’unica sorgente di luce. Cercò di attirare l’attenzione di qualcuno con un leggero colpo di tosse ma il suo tentativo non ebbe esito. Tossì due volte ancora, con maggior decisione: nulla. Maledizione, pensò. Fece per girare attorno al bancone per gettare lo sguardo oltre la porta socchiusa, quando la sua attenzione fu attratta da una busta che qualcuno aveva lasciato proprio lì, appoggiata sul bancone esattamente sotto i suoi occhi. Sulla busta c’era il suo nome… beh, non proprio il suo vero nome: John Doe era infatti il nome con cui lui firmava gli articoli per l’ARTicle, ma anche il nome che lui utilizzava in situazioni come questa, quando si trovava in giro “per affari” e non voleva dare troppo nell’occhio. Aprì la busta: al suo interno una lettera e la chiave di una camera, la numero 410. Gettò uno sguardo rapido alla lettera: riconobbe immediatamente la calligrafia e ciò bastò a convincerlo che non sarebbe servito rimanere lì oltre ad attendere un portiere che non si sarebbe evidentemente fatto vivo. Nel buio si avventurò lentamente alla sua destra, nella direzione in cui il suo istinto gli suggeriva di muoversi. Trovò quasi subito un ascensore ma la scritta “fuori servizio”, chissà perché, non lo stupì. Non senza sbuffare prese la rampa di scale lì accanto e trascinò se stesso e il suo bagaglio fino al quarto piano. Una luce fioca illuminava quanto bastava il corridoio e non fece fatica ad individuare la propria stanza. Inserì la chiave nella serratura e la girò in senso antiorario. Un “clack” metallico gli confermò che il suo viaggio, per quel giorno, era giunto alla conclusione. La stanza era vergognosamente sudicia. Un letto ad una piazza era celato da una polverosa coperta color verde vomito. Un grande specchio scheggiato in più punti stava sopra una vecchia scrivania di legno. La tappezzeria a fiori alle pareti era scrostata in  più punti e rivelava sotto di essa un’ulteriore carta da parati con un differente motivo floreale.  Il bagno invece sembrava pulito e ciò tutto sommato era l’unica cosa che a lui importava. Aveva solo bisogno di una doccia calda, una sigaretta, e qualche ora di sonno. Il successivo sarebbe stato un giorno importante, aveva bisogno di rimettere insieme tutte le sue energie: non poteva permettere che il lavoro per il quale era giunto fin lì non fosse eseguito a regola d’arte. Era un giornalista e nel suo mestiere la reputazione era di fondamentale importanza. Scostò il pesante tendone e gettò uno sguardo oltre il vetro: la città inconsapevolmente stava dormendo l’ultima sua notte di serenità. Afferrò il bagaglio che aveva gettato frettolosamente ai piedi del letto, aprì la cerniera, ne estrasse il contenuto e lo sollevò all’altezza degli occhi. La luce della luna, guizzando attraverso la finestra, fece scintillare sinistramente la canna metallica della pistola.

Commenti

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  2. Allora. Di questo pezzo io terrei entrambe le descrizioni (stanza e albergo) perché mi piacciono molto. A questo punto però va eliminata la pistola e, di conseguenza, anche la busta credo...

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  3. Quando mi sono trovato a scrivere questo pezzo avevo pochi elementi su cui basarmi, visto che i miei predecessori avevano tutto sommato "temporeggiato".
    C'era un misterioso vecchio che se ne stava impalato davanti ad un teatro e che "avrebbe segnato la sorte di thomas".
    C'era poi thomas, un giornalista, che stava per presentarsi alla reception di un hotel alle tre di notte
    Ora: chi se non una persona losca può presentarsi in un hotel ad un ora simile?
    È' per questo che ho deciso di mettergli in mano una pistola (pur sottolineando nel finale il suo essere in giornalista)
    Avrei potuto direttamente dargli un fucile di precisione ma non l'ho fatto per lasciare al mio successore un più ampio ventaglio di possibilità
    Se invece togliamo la faccenda delle ore che scorrono all'impazzata possiamo ritrovare thomas in albergo solo pochi minuti dopo la mezzanotte, che ha più senso e che, tirando le somma, ci concede un po' più di respiro

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    1. Anzi per la precisione "quell’uomo qualunque avrebbe stravolto tutti i suoi piani", che è un filino diverso

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    2. Se tu avessi inserito un fucile di precisione nella storia io mi sarei innamorata del personaggio all'istante!
      Scherzi a parte, vincolo orario eliminato.
      I pezzi successivi però non hanno senso quindi li pubblico entrambi e ne parliamo.
      Tu intanto dovresti modificare leggermente il tuo pezzo nel punto dove compare la busta e alla fine, dove c'è la pistola. Non mi va di fare un taglia e cuci sterile, credo che sia giusto che chi ha scritto il pezzo sia poi la stessa persona che deve modificarlo perchè, pur seguendo le indicazioni degli altri, deve comunque essere strutturato secondo i propri gusti.

      Io incollo i pezzi nella pagina del racconto, poi sta a voi modificare come e quando lo riterrete opportuno.

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    3. come ci organizziamo? penso che dobbiamo stabilire dei tempi di realizzazione, se no ogni comento muore li. inoltre dobbiamo fissare il tipo di storia da scrivere, cosi possiamo organizzarci per i successivi pezzi.

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