Sesto pezzo riscritto.

...prima di offrirmi volontaria per la lapidazione che merito anch'io per il mio ritardo, mi profondo in scuse.
Ho cercato di seguire la traccia dei commenti ai pezzi precedenti...se non ci sono riuscita, sapete già come procedere...

Qualche secondo di silenzio, che rese ancora più irritante l’interruzione di quell’immersione in una vita precedente.  “Sei...di nuovo in teatro?” Sibilò una voce bassa. E dove vuoi che sia?! Fu tentato di rispondere il vecchio. Represse l’impulso, e interruppe la chiamata, con uno sbuffo d’impazienza. Sempre la solita, stupida domanda, e sempre la solita stupida, inutile chiamata. Sbuffò di nuovo esasperato e per evitare altre interruzioni, schiacciò una serie di tasti a caso, pur di spegnere l’aggeggio. Lo ficcò in fondo ad una tasca, dimenticandosene. La sua attenzione si ributtò impaziente e frettolosa, su quel filo rosso che lo aveva posato su quella poltrona, incantato e incatenato dalla voce di quella donna lontana.


“Sì. Sono arrivato. “ Sbuffo di fumo, cenere lanciata un po’ a caso verso il posacenere di plastica con il logo dell’hotel stampato storto. “Sì. So cosa fare.” Altra boccata di fumo-ossigeno. Sospiro rauco. “Sì. No, non voglio smettere.” Ma erano fatti suoi se voleva continuare a fumare, o no? Lo aiutava a concentrarsi, soprattutto quando c’era di mezzo un lavoro delicato. E quello lo era. “ Tranquillo. So per cosa vengo pagato, e so come farlo. Sì. Mi faccio sentire io, quando ho un risultato.” Clic. Conversazione finita. Thomas non amava dilungarsi al telefono, né a voce. Poche parole, ma scelte bene. Spense la sigaretta, un ultimo sospiro rauco che assomigliava ad una tosse malcelata, e via in bagno per la sospirata doccia, senza dilungarsi. Il tempo era scarso, e le azioni da fare tante. Dopo una vigorosa asciugata essenziale, si diresse subito a prendere una busta sottile in una delle tasche interne dell’impermeabile che aveva gettato sul letto entrando in stanza. A sua volta si buttò sul letto, scalciandolo di lato, e ne fece uscire un paio di fogli scritti a mano, i suoi appunti, radi quanto le parole che pronunciava. Era più corretto chiamarli promemoria. Illusion d’ombre, 1934. Un paio di nomi, forse un’origine straniera. Due fotografie, un po’ sbiadite: un giovanotto con i capelli lisciati all’indietro, impomatati, un abito di sartoria (anni ’30? Alla Elliott Ness, sbuffò Thomas tra sé e sé), uno sguardo lontano, da artista impegnato nella sua prossima creazione. L’altra foto sembrava uscita direttamente da un altro mondo. Bruciata per metà e ingiallita, ritraeva una donna, di schiena, mentre si voltava verso il fotografo. Nonostante tutti i danni del tempo e forse di un incendio, si poteva distinguere chiaramente che lei non era come tutte le altre. Anzi, non sembrava essere esistita sul serio. Sì, ma esisterà ancora? Si chiese Thomas, studiando quegli zigomi ripidi e quegli occhi vividi, nonostante il tempo passato. Tra poche ore l’avrebbe scoperto. Colui che si preoccupava del suo vizio del fumo, e che lo pagava piuttosto bene per il suo talento di ricercatore, voleva sapere. Alzò le due foto e le avvicinò: che legame c’è tra voi? Camminate ancora su questa terra?..oppure vi hanno trasformato in fantasmi? Rimise tutto nella busta, che lasciò cadere sul pavimento, chiuse gli occhi, s’impose di dormire. Domani inizia la caccia.

Commenti

  1. Quindi i due già si conoscono, vedo....

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  2. Ma tu dici il vecchio e thomas o le persone nelle foto?comunque bisogna togliere il pezzo del cellulare.

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  3. Se non ho capito male i commenti al secondo-terzo pezzo, prima della loro riscrittura, ho inteso Thomas come il reporter venuto a indagare sul teatro e la questione dei fantasmi. Conosce il vecchio solo in foto, nella sua versione "giovane".

    ...ehm, ho capito male io?

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    1. No, sono io che avevo capito male. Scusa. Ad una prima lettura mi era parso che Thomas avesse telefonato al vecchio, ma non è così: sono due conversazioni telefoniche separate.

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    2. ...ok, sono più sollevata.
      Sì, ho ripreso la fine dei pezzi precedenti, in cui il vecchio rispondeva al cellulare e Thomas alzava la cornetta del telefono in albergo. :-)

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  4. Per me va bene. Ora però, dato che mancano solo 4 persone alla fine del racconto, direi di dare qualche piccola indicazione per indirizzare meglio la storia.

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