Ecco il mio pezzo.
Ragazzi, con le premesse che avete creato, per me non è stato difficile scriverlo, io ho visto tutti i pezzi combaciare e portarmi a questa conclusione.
Fatemi sapere se c'è qualcosa che non va.
Mi sono permesso di scrivere la parola fine, ma si può togliere e continuare verso un'altra direzione.
Che ne dite?
Come ci muoviamo adesso?
Ciao,
Renato
Ragazzi, con le premesse che avete creato, per me non è stato difficile scriverlo, io ho visto tutti i pezzi combaciare e portarmi a questa conclusione.
Fatemi sapere se c'è qualcosa che non va.
Mi sono permesso di scrivere la parola fine, ma si può togliere e continuare verso un'altra direzione.
Il teatro con la sua insegna era dall’altra parte della
strada, ma il vecchio non era lì a presidiarlo come al solito.
Thomas attraversò la strada e si avvicinò a scrutare i
pannelli fatiscenti che una volta accoglievano le locandine del teatro, erano ricoperte
di polvere, e dentro non si scorgeva nulla, neanche un frammento di carta nel
telaio, solo polvere. Si appiccicò al vetro dell’ingresso e nell’androne c’era
solo buio, tutto lo spazio era ingombro e si intravedevano a fatica vecchi
armadi o poltrone di legno divelte dalla platea. Sarebbe stato impossibile
passare di là, nonostante tutto le porte a vetri erano bloccate con una catena
arrugginita e un pesante lucchetto.
Prima di recarsi a Middlesbrough, Thomas aveva indagato sul
valore finanziario del teatro e sul proprietario. Il teatro era situato in una
zona centrale e per giunta edificabile, non era strano quindi che in molti
volessero comprarlo per abbatterlo e costruirci magari un centro commerciale,
ma tutti i contratti di vendita erano stati vincolati sin dall’inizio alla nuda
proprietà a vantaggio d’uso di James Dalton, suo padre voleva garantirgli un
futuro o almeno una casa.
Thomas aveva chiesto alla bibliotecaria il nome del
proprietario per saggiare l’autenticità delle sue informazioni, chiedere
qualcosa che già sapeva era il suo metodo per verificare un informatore.
Ora che il cerchio si stringeva intorno al teatro, era
giunto il momento di verificare la voce che il vecchio fosse in realtà James
Dalton.
Girò intorno al teatro per trovare un’uscita secondaria e
vedere se riusciva a forzarla.
La stradina laterale che dava sul retro era molto stretta e
fra l’altro piena di rifiuti portati lì forse dal vento. Arrivò all’angolo e
prima di svoltare sentì un cigolio, si fece indietro e si nascose contro il
muro del teatro.
Si sporse appena e vide il vecchio che usciva dal retro del
teatro con una sedia e imboccava l’altra stradina laterale che portava sulla
strada principale.
Per fortuna Thomas preferiva vestire casual e con scarpe da
ginnastica, cosicché il vecchio non udì i suoi passi. Thomas raggiunse la porta
posteriore prima che si richiudesse e entrò nel teatro.
Gli ci volle un po’ per abituarsi alla semioscurità creata
dalla luce lunare che proveniva da qualche lucernario chissà dove. Si trovava
in una grande stanza che era stata adibita a deposito scenico, c’erano quinte e
oggetti di scena. Seguì un corridoio e raggiunse i camerini degli attori con
ancora gli specchi alle pareti, poi entrò in quella che doveva essere la sala
costumi con alcuni appesi a delle grucce e molti altri in bauli aperti.
All’interno del teatro c’era molta meno polvere, sembrava
che qualcuno tenesse tutto in ordine per ricordare i bei tempi e forse farli
tornare.
Thomas salì una scaletta e arrivò al retropalco, superò il
fondale sbiadito e davanti a lui si aprì una voragine nelle assi di legno. Il
palcoscenico non era stato più ricostruito. Fece alcuni passi intorno alla voragine
mentre le assi di legno scricchiolavano sotto i suoi piedi. All’interno c’era
solo buio, rimase a fissarla per un tempo indefinito, sperava di vedere
apparire il fantasma di Natalie o cercava di immaginare la donna sepolta dalle
macerie e avvolta dalle fiamme.
Una musica soave ruppe il silenzio, un trio di donne cantava
un ritornello orecchiabile fatto di semplici vocalizzi, quasi si stessero solo
esercitando. Thomas voltò d’impulso lo sguardo verso la platea, ma non vide
altro che file di vecchie poltrone con qualche buco qua e là. Poi la figura
scura entrò da un lato e si incamminò fra due file di poltrone come se volesse
raggiungere il corridoio centrale. La figura sfiorava la stoffa delle poltrone
senza parlare e camminava senza guardare Thomas, raggiunse il corridoio
centrale e allora posò il suo sguardo su di lui. Entrambi gli uomini celati dalla
semioscurità.
– Questo è ciò che vuoi? – Disse il vecchio. – O sei qui per
la storia del fantasma?
Thomas rimase in silenzio.
– Forse sei qui per convincermi ad andarmene?
– Sono qui per scrivere la storia di Natalie. – Disse
Thomas.
– Davvero? Non ti credo, la storia di Natalie è già stata
scritta e non interessa più a nessuno. A meno che non abbiate trovato un altro
disco.
– Non so nulla di questo disco. – Ammise Thomas.
– Comunque devi andartene.
Detto questo, la figura corse verso l’altro lato del teatro
passando fra altre due file di poltrone.
Thomas individuò la scaletta che portava in platea, scese
giù e si mise all’inseguimento dell’uomo.
Corse lungo tutto il fianco del teatro finché trovò una porta
che dava in un labirinto di corridoi che conducevano alle gallerie, ai loggioni
e ai palchi degli spettatori.
Dal palco in cui era entrato si poteva ammirare tutto il
teatro dall’alto, la vista era tale che ne rimase incantato.
Una serie di passi risuonarono alle sue spalle, si voltò ma
non vide nulla. Una voce in lontananza gli ripeté che doveva andarsene mentre
in sottofondo il trio di donne cominciava una nuova canzone.
Thomas corse e cercò di seguire
il rumore dei passi, scese delle scale e si immerse di nuovo in uno dei
corridoi del labirinto a livello della platea. Presto i corridoi apparvero
tutti uguali finché, in fondo ad uno di essi, scorse una porta che si chiudeva.
La raggiunse, l’aprì e vide la figura dell’uomo allontanarsi fra corde, pesi e
altre quinte. Thomas accelerò e non staccava gli occhi di dosso all’uomo, la
distanza fra loro si accorciava finché l’uomo scomparve dietro un alto
tendaggio, un vecchio sipario.
Thomas scostò il pesante
tendaggio con una mano senza rallentare e cadde con l’immagine della voragine negli
occhi. Fu una brutta caduta, su un fianco, che gli immobilizzò tutto un lato
del corpo. Sentiva una fitta allo sterno e credeva di essersi incrinato una
costola, cominciava anche a mancargli il fiato, forse la costola aveva
perforato un polmone.
L’uomo apparve sul ciglio della
voragine e guardava in basso, verso di lui.
– Questo non è posto per te,
ragazzo.
Thomas rise di un riso amaro. –
Forse, – disse, – ma credo che qui ci morirò.
– No. – Disse l’uomo. – Qui non
deve morire nessun altro. Vado a prendere una scala e ti porto fuori dal
teatro.
– No! Aspetta! – Disse Thomas con
veemenza. Trasse di tasca il suo portafogli e lo lanciò sul palcoscenico.
L’uomo raccolse il portafogli e
tornò a guardare Thomas.
– Vuoi pagarmi?
– Lì dentro c’è la mia carta
d’identità, il mio tesserino da giornalista, il mio biglietto da visita con i
numeri del mio giornale. – Thomas si fermò per prendere fiato. – Sono solo un
giornalista e voglio solo scrivere la vera storia di Natalie. Non credo che sia
quella già scritta, – prese di nuovo fiato, – perché io non so niente di quel
disco e, credimi, ho letto tutto quello che c’era da leggere su Natalie e “Illusion
d’Ombre”.
– Non puoi aver letto tutto.
– Hai ragione, ma a me interessa
solo quella storia. Puoi farmi morire qui, puoi farmi morire per strada, puoi
portarmi in ospedale, ma prima raccontami la storia.
L’uomo scomparve e tornò dopo
poco con una scala che calò nella voragine.
– La storia prima. – Disse
Thomas. – Ti prego, James, la storia prima.
– Nessuno mi ha più chiamato così
da molto tempo. – Disse l’uomo, poi sedette sul ciglio della voragine accanto
alla scala e cominciò a raccontare.
– Senti queste tre donne che cantano? Sono Natalie Rochester
e le sue amiche Emma Bolton e Deborah Fray in una incisione di prova per il lancio
del loro disco. La gente faceva la fila per venire a guardarle e ascoltarle, i
loro spettacoli erano i più richiesti e loro erano molto corteggiate. All’epoca
ero un giovane ragazzo, figlio del proprietario del teatro, e potevo muovermi
liberamente dietro le quinte. Mi sono innamorato subito di Natalie, dei suoi
splendidi occhi e del suo sorriso, ma ero impacciato e non mi riuscì di fare la
prima mossa. Fu lei a rivolgermi la parola e lo fece per chiedermi aiuto.
La vita da soubrette le piaceva, le piaceva cantare,
ballare, stare sul palcoscenico e far divertire la gente, ma voleva vedere il
mondo, lavorare in altri teatri e soprattutto voleva allontanarsi da un uomo
cattivo.
– Chi?
– Non me l’ha mai detto, ma credo si trattasse di Nathan
Holland, un uomo d’affari che le girava intorno.
La sera dell’incidente, io e Natalie dovevamo scappare
insieme, ma qualcuno che non voleva lasciarla andare, presumo qualcuno dominato
dalla gelosia, probabilmente ha ascoltato i nostri piani di fuga e preferiva
vederla morta che con un altro uomo. L’incendio non solo è stato doloso, ma è
stato anche appiccato con un tempismo eccezionale. Quella sera il trio si
esibiva per primo e faceva uno spettacolo lungo con diverse canzoni alternate a
scenette comiche. Se l’incendio fosse stato appiccato un minuto più tardi, il
palcoscenico sarebbe crollato quando Natalie era già tornata in camerino.
La polizia non ha mai trovato il colpevole, molti facevano
illazioni, qualcuno ha puntato il dito anche contro di me… poi è arrivata la
seconda guerra mondiale ed è stata l’occasione buona per andarmene via da
questo posto e cercare di dimenticare.
Sono tornato con il corpo segnato dalla fatica e dalle
ferite, ma i miei ricordi sono intatti, il mio teatro è ancora qui e passo le
giornate in compagnia di questo disco, a guardare la gente che passa per strada
e a spaventare i ficcanaso.
C’è chi vuole il teatro, chi vuole il disco per lanciarlo o
per conservarlo gelosamente, c’è chi cerca il fantasma di Natalie... tu volevi la
storia, ora l’hai avuta. –
L’uomo scese la scala, si caricò Thomas addosso e lo riportò
su, fin fuori dal teatro dove aspettò con lui l’ambulanza.
Prima di separarsi dall’uomo, Thomas gli chiese se poteva
scrivere la storia e renderla pubblica.
– Scrivila, ragazzo. – Disse James Dalton. – Non credo che
riuscirò a raccontarla a molti altri.
Thomas andò via dentro l’ambulanza e l’uomo rimase lì,
seduto davanti al suo teatro.
FINE
Che ne dite?
Come ci muoviamo adesso?
Ciao,
Renato
Buon pezzo, e in effetti ho dipinto James un po' troppo ''scemo'' nel nono pezzo, tant'è che scrivo che anche il padre lo detestava, qui invece si parla di lui che voleva assicurargli un futuro. Qualcosa da sistemare nel precedente c'è, si potrebbe renderlo solo impacciato.
RispondiEliminaLa storia è buona per ora, introdurrei un po' di caos coi prossimi pezzi in modo da non dare vita facile a Thomas. Sicuramente la figura di Nathan e ciò che è accaduto quella notte vanno ripresi. Bel pezzo ;)
Io penso che sia meglio concludere qua e iniziare a revisionare i pezzi precedenti per ridurre le incongruenze.
EliminaGrazie per il "Buon pezzo" e "Bel pezzo". Lo apprezzo.
EliminaGuardando le cose nel loro complesso si riesce ad avere un'idea d'insieme.
Anziché prolungarci con prossimi pezzi, io direi che ora si può arrichire la storia con dettagli, Dalton non deve essere semplicemente impacciato, Thomas non un semplice giornalista, Nathan non un semplice uomo d'affari, il carattere delle persone è sempre un complesso di fattori.
Ho lasciato degli spiragli (forse non troppo bene) che possono far pensare che il vecchio c'è l'ha un po' con chi gli ha puntato il dito contro in passato, e c'è l'ha con i ficcanaso e non sappiamo fino a che punto potrebbe arrivare per spaventarli. Potrebbe essere un assassino una tantum o seriale, potrebbe non esserlo affatto, ma certamente possiamo dargli delle sfaccettature interessanti e diverse da un santo.