Revisione #10

C'era qualcosa in quelle sue movenze, in quella sua voce vibrante, che gli scaldava il cuore, che lo rendeva irrequieto e ardente di desiderio, ingarbugliandogli non solo la lingua ma anche i pensieri. Confusione: questa, fra tutte, era la condizione che più detestava di se stesso. E la prima volta che lei gli rivolse attenzione, una dea dalla pelle candida come il latte e liscia come la seta, James gliela mostrò tutta la sua confusione.
- Un nuovo ammiratore questo qua? - lo annunciò con disprezzo Holland, avvenente, giovane, volto rasato e baffi curati la cui nerezza sfumava all'ombra di un borsalino grigio fumo.
Fu allora che li vide. James vide in tutta la loro magnificenza quei due profondi pezzi di cielo indaco che ora scrutavano soltanto lui, impacciato e smilzo ragazzetto con un mazzo di rose in pugno, unico esile scudo alla sua timidezza. Se ne stava fermo sull'uscio James l'impacciato, non osando un solo passo dentro quel camerino popolato da dive, fronzoli, trucchi, colori e profumo, profumo di donna. 
Al fianco di Natalie stava Nathan Holland, muso carico e fiero di una sua qualche indefinita e troppo ostentata superiorità.
- Fuori di qui Dalton, se non vuoi che chiami tuo padre! - lo spintonò ora Holland, spargendo una nuvola di petali rossi con una manata alla composizione floreale. - Le signore non gradiscono d'esser disturbate mentre si preparano per lo spettacolo.- finì chiudendogli la porta in faccia.
Il legno scuro e la targhetta dorata cui erano incisi i cognomi ''Rochester, Bolton, Fray'' le tre rinomate star del locale, assieme ai profondi occhi di cielo di Natalie Rochester erano tutto ciò che aleggiava nel suo campo visivo e nella sua mente sperduta.
James riprese fiato, intontito, pochi gambi sgualciti tra le mani quale pegno d'amore svanito. Nulla poteva una nullità come lui di fronte a Nathan Holland, fascinoso e benestante uomo d'affari tanto avvenente quanto stronzo e bastardo. James ripercorse i suoi passi, il cuore in gola colmo di delusione e rabbia, le proprie catene mentali che lo legavano al suolo a strisciare come i vermi. 
Di valore, il ragazzo, possedeva null'altro che il nome: James Dalton. E curioso a dirsi erano più i problemi che i benefici ad ammassarsi nella sua inutile vita.
Uscì dal retro, assaporò l'aria fresca, le luci sgargianti e le ombre svelte che scivolavano sull'asfalto bagnato ad ogni bagliore proveniente dall'interno dell'Illusion d'ombre. 
Prese il pacchetto di sigarette dalla tasca, l'accendino... Una sensazione piacevole, come un peso che si levava dal petto prima costretto sotto un macigno. Fece danzare il fuoco, ne accese una ed inspirò a fondo. ''Mi picchierebbe mio padre'', pensò tra sé, ''se mi vedesse ancora con queste in mano. Un uomo fatto, questo io sono, e nemmeno una fottuta sigaretta posso godermi. Fossero fatte di bolle di sapone'' continuò a vagare col pensiero dipingendosi un mezzo sorriso, ''allora sì che potrei godermele in santa pace...''.
Il fumo si disperse nell'aria fresca, volando via, alzandosi verso l'alto come tanto avrebbe voluto poter fare James. Alzare la testa ed imporsi al mondo, senza tremare, senza avere la bocca impastata dalle parole e la mente infangata dalla confusione e dalle paure. Soltanto nella sua solitudine James era una persona, una normale. Mentre tutte le altre volte qualcosa dentro di lui lo fermava, lo bloccava, lo atterrava rendendolo ridicolo, inetto, stupido, un mentecatto di fronte al padre e davanti alla gente.
''Il figlio scemo di Ernest Dolton'' si sentiva chiamare quando il padre era lontano. ''L'imbecille, il demente, l'handicappato, il mongoloide". Una grandinata di pietre contro il suo fragile essere, una sequela di anelli che andavano ad aggiungersi rinforzando quelle catene mentali che gli facevano baciare l'asfalto, lo rendevano nient'altro che un amante della polvere, della merda, delle suole di chiunque volesse mettergli i piedi in testa.
Trasalì quando una mano gli si posò sulla spalla. ''Mio padre, o il signor Rey, o David, o Michael. Stupido, stupido, stupido. Non dovevi farti vedere col fuoco in mano davanti al club. Altre botte, altri calci, altro sangue...''.
- Ciao James. - gli disse invece delicatamente una voce che conosceva fin troppo bene, calda e dolce come un tramonto estivo. - Non volevo spaventarti, devi scusarmi... - continuò Natalie, accortasi di averlo spaventato.
Preso alla sprovvista dai fatti che lo avevano colto senza alcuna logica plausibile, a lui che poco prima aveva temuto il peggio immaginando ancora una volta le fredde mattonelle bianco lucide sporche del suo sangue, ora tremava, ma di gioia, di euforia. Niente punizioni per James, il figlio stupido di Ernest Dolton. Natalie stava rivolgendosi a lui, per la prima volta, soltanto a lui.
-C, c, c, cciao - riuscì a rispondere, sguardo basso, sigaretta tolta nervosamente dalla bocca e gettata a terra impulsivamente. - Che, che, che ccci ffai tu qui?- continuò non osando incrociare quei due zaffiri che tentavano di inchiodarlo ai suoi, e concentrandosi soltanto sulle due labbra di fuoco che gli stavano rispondendo.
- Sei stato gentile, ecco, a portarmi quelle rose. Mi spiace per quel che ha fatto Holland. Vedi lui è...-.
Solo in quel momento, in quel singolo momento di dubbio nella sua voce, James si accorse che qualcosa in lei non andava. Era incrinata dentro, qualcosa nella sua perfezione, nella sua innocenza e purezza era stato spezzato. Lo ritenevano uno stupido inetto, ma James le persone le sapeva ascoltare, gli riusciva di leggerle soprattutto.
- Dopo lo spettacolo aspetta un'ora dopo che me ne sarò andata- riprese Natalie. -Sto a Highway Street, numero 14. Ti aspetterò lì. Ti prego, bocca chiusa.- disse quasi in un bisbiglio, guardandosi furtivamente intorno. Gli posò un delicato bacio sulla guancia, cedendo ad un sorriso rapido al contatto con la sua peluria ispida. Poi se ne tornò dentro, perdendosi nell'ombra del club, la lunga gonna scura che ondeggiava assieme alle sue curve mozzafiato.
Gli ci vollero parecchi minuti per riordinare le idee, per comprendere ciò che era accaduto. Natalie, la donna perfetta, la donna dei suoi sogni, era appena corsa da lui spaventata e intimorita, invitandolo a casa sua per chissà quale misteriosa ragione. Tra tutti si era rivolta a James, il figlio scemo di Ernest Dalton, l'imbecille, il demente, l'handicappato, il mongoloide, lo stesso che aveva rimediato una figura orrenda presentandosi con un mazzo di rose sgualcite al suo camerino dopo innumerevoli tentativi per trovare anche un solo filo di coraggio, rimediato infine con qualche bicchiere di alcol forte e un po' di menefreghismo.
James Dalton non sapeva ancora cosa sarebbe accaduto al numero 14 di Highway Street, ma era già certo che da lì in poi tutto sarebbe cambiato.

Il pranzo gli era rimasto sullo stomaco a lungo, difficile da digerire quanto odioso da buttar giù tra una forchettata e l'altra. Un pollo ai peperoni troppo secco e freddo per essere gustato, troppo sbagliato persino per venir digerito. E con lo stomaco gonfio per tutto il pomeriggio Thomas si era quasi assopito mentre la barbosa monotonia della voce di padre Francisco, col suo spento accento del sud, raccontava qualche stralcio riguardo la vita di un certo James Dalton, figlio del proprietario dell'Ilusion d'Ombre. 
Le sue parole fluivano fuori lente, come macigni, e Thomas gliele doveva tirare fuori tutte a fatica, in quel piccolo antro ombroso e gelido della cappella che sorgeva a poca distanza dal famoso club ormai decadente. Il vecchio sacerdote, che ne aveva viste parecchie in vita sua, ricordava qualche informazione che poteva tornargli utile, se solo non fosse stata più volte confusa con le vite problematiche delle altre migliaia di persone che si erano confessate alle sue orecchie pelose e afflosciate.
James era sparito da tempo, su questo il prete e i suoi appunti erano d'accordo. A quanto si diceva aveva fatto perdere le sue tracce subito dopo l'incidente, poiché tutti i sospetti ricadevano su di lui.
Era un ragazzo disturbato dicevano, venticinque anni o poco più, che aveva più volte causato piccoli problemi al padre in quanto smodatamente innamorato del fuoco. Facendo due più due quel caso era così stato bollato da chi aveva indagato in precedenza, e certamente non era quella la conclusione che Thomas andava cercando. Troppo sbrigativa, troppo inconsistente. Figure potenti e celate quali Mr. Rochester, padre della ragazza diva, o Tiberius Rockfield, vecchio poliziotto assiduo frequentatore del'Illusion d'Ombre, con tanti scheletri nell'armadio quanti erano i segreti che si era trascinato nella tomba, erano di certo pretendenti più affascinanti. O ancora l'interessante Nathan Holland, potente uomo d'affari indagato e mai accusato per innumerevoli frodi e svariati omicidi efferati verso persone di spicco nel mondo delle scommesse sportive, nonché amante della bella Natalie, naturalmente.
Queste erano le storie che Thomas voleva trovare, e tutti questi personaggi avevano qualcosa che li accomunava guarda caso a James: l'odio. Ognuno per differenti motivi, non c'era dubbio, ma tutti, persino il padre di lui, con la voglia impellente di sbarazzarsi di quel povero disgraziato per chissà che ragione. Tali erano le strade che si profilavano tramite le parole di padre Francisco, cui erano stati confessati a cuore aperto nefandezze (e preziose testimonianze) di ogni sorta da un'infinità di personaggi che frequentavano il club.
Di certo, pensava Thomas, le coscienze troppo sporche potevano essere lavate solo da un sacro rappresentate di Dio. Quale miglior informatore quindi se non il vecchio amico del deceduto Ernest Dalton, religioso, obbediente, e soprattutto corrotto con la mente annebbiata dall'età, dai soldi e dalla droga? 
I tasselli pian piano iniziavano ad ordinarsi, e mentre il cielo cedeva all'imbrunire e lo stomaco finalmente vuoto reclamava un pasto decente Thomas si diresse al proprio alloggio, speranzoso di posare il suo sguardo stressato e non solo quello sui piccoli seni della ragazza alla reception. Prima però, un'occhiata andava data al vetusto luogo del delitto.

Commenti

  1. Io, per adesso, mi dispenso dai commenti perché provvederò ad apportare le correzioni più avanti.

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  2. "James gliela mostrò tutta la sua confusione." Direi pittosto "James le mostrò tutta la sua confusione."

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  3. Qui gli occhi appaiono di color INDACO. In precedenza erano marroni, ricordate?

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    1. Abbiamo sistemato quel particolare, lasciando solo un'allusione al colore del cielo.

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  4. "Una sensazione piacevole, come un peso che si levava dal petto".. direi piuttosto"che si LEVASSE dal petto"

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  5. ''Mi picchierebbe mio padre'',..... cosa significa?

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    1. In questo pezzo ci sono molte parti da sistemare e togliere per via dello sviluppo complessivo.
      Io toglierei tutto il paragrafo che va da "Mi picchierebbe" a "in santa pace..."

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  6. In questo pezzo Ernest Dalton si trasforma in Ernest Dolton

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  7. ''L'imbecille, il demente, l'handicappato, il mongoloide". Personalmente ci andrei meno pesante....

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    1. Io toglierei: da "Il figlio scemo" a "mettergli i piedi in testa."
      e poco più avanti: ''Mio padre, o il signor Rey, o David, o Michael. Stupido, stupido, stupido. Non dovevi farti vedere col fuoco in mano davanti al club. Altre botte, altri calci, altro sangue...''.

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  8. "era appena corsa da lui spaventata e intimorita". Non vedo differenza tra spaventata e intimorita. Semplificherei.

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  9. "Era un ragazzo disturbato dicevano," : metterei una virgola anche dopo "disturbato".

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  10. "E con lo stomaco gonfio, per tutto il pomeriggio Thomas si era quasi assopito". Metterei "per tutto il pomeriggio" tra due incisi

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    1. Io lo sposterei dopo, così: "E con lo stomaco gonfio, Thomas si era quasi assopito per tutto il pomeriggio mentre [...]"

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  11. "erano di certo pretendenti più affascinanti" - scriverei "erano di certo candidati più affascinanti"

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  12. "cui erano stati confessati a cuore aperto nefandezze". Scriverei piuttosto "cui erano statE confessatE a cuore aperto nefandezze"

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  13. "con la mente annebbiata dall'età, dai soldi e dalla droga? " DROGA?????

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    1. Eh lo so, questo pezzo deve essere modificato un bel po'.
      Già avvisai l'autore ma... niente.

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    2. Io metterei un bel punto fermo dopo "età".

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  14. Sono d'accordo, molti pezzi sono sconnessi dalla linea narrativa.

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  15. Pezzo che toglierei: da "Preso alla sprovvista dai fatti che lo avevano colto[...]" a "Niente punizioni per James, il figlio stupido di Ernest Dolton."

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  16. Io toglierei "Tra tutti si era rivolta a James, il figlio scemo di Ernest Dalton, l'imbecille, il demente, l'handicappato, il mongoloide, lo stesso che aveva rimediato una figura orrenda [...] infine con qualche bicchiere di alcol forte e un po' di menefreghismo."

    e lascerei solo qualcosa tipo "Tra tutti si era rivolta a lui."

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  17. Pezzo che toglierei: "Queste erano le storie che Thomas voleva trovare, e tutti questi personaggi [...] con la voglia impellente di sbarazzarsi di quel povero disgraziato per chissà che ragione."

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  18. Altre cose che ho notato:

    - "Nulla poteva una nullità come lui [...]"
    forse sarebbe meglio evitare la ripetizione con qualcosa tipo: "Nulla poteva uno come lui [...]"

    - "gli disse invece delicatamente"
    se togliamo la parte precedente (''Mio padre, o il signor Rey, [...] altri calci, altro sangue...''.) e qualsiasi paura in James, non vedo motivo per quel "invece" e lo toglierei.

    - "perdendosi nell'ombra del club", "poca distanza dal famoso club ormai decadente." e "frequentavano il club."
    non è meglio chiamarlo sempre teatro?

    - "lo stomaco finalmente vuoto reclamava un pasto decente Thomas si diresse al proprio alloggio"
    qui metterei una virgola dopo "decente", secondo me la frase va spezzata lì.

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  19. Questo pezzo deve essere modificato completamente. Appena ho 5 minuti vedo di rielaborarlo con le modifiche da voi suggerite, lo ripubblico e vediamo cosa ne esce fuori.

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